TEMPORARY RESTAURANT
Fame

CHI SIAMO

Fame e Sete è un’ associazione culturale che ha sede a Foligno, città storica che si trova al centro della regione Umbria. Si pone lo scopo di promuovere lo sviluppo della socialità attraverso la diffusione e la promozione dell’enogastronomia, della cultura e della difesa dell’ambiente, organizzando manifestazioni, corsi di formazione, degustazioni e serate a tema di vino e cibo.

EVENTO


F[a]M[e] & S[e]T[e]
Fun Meeting & Soul Tasting

E' l'evento che si svolgerà a Foligno (PG) , domenica 3 Maggio 2020 28 Marzo 2021, presso il Palazzo storico di Via Mentana 16 e che metterà in sinergia la ristorazione come ricerca, il mondo dei vignaioli come artigiani e l'espressione artistico-culturale legata alle sfere del Bere e del Mangiare [della FAME e della SETE]. L'obiettivo della giornata sarà non solo quello di costruire una piacevolissima degustazione [Soul Tasting] di vini selezionati al naturale ma anche quella di divertire e divertirci con cose intelligenti [Fun Meeting]

CARTA DI TRASPARENZA


Perché la necessità di una Carta di Trasparenza:

La necessità di scrivere una breve ma efficace carta di trasparenza rappresenta per noi organizzatori l’atto più importante da sottoscriver con il fruitore dell’evento.
Siamo noi, comitato organizzatore, composto da persone fisiche che ci mettono la faccia oltre al cuore e l’anima che con la presente vi garantiamo i criteri su cui ci siamo basati per la selezione dei soggetti produttivi ed economici che comporranno l’ossatura dell’evento.
Atto redatto per garantirvi la migliore offerta, dal nostro punto di vista, dei prodotti enograstronomici che saranno protagonisti.
L’evento nasce proprio dalla nostra personale esigenza di mettere in mostra i prodotti che mangiamo e beviamo quotidianamente ed i luoghi in cui vengono elaborati e somministrati pubblicamente.
Il problema socio-politico più importante oggi e ne siamo convinti che lo sarà soprattutto nel futuro, riguarderà proprio ciò che mangiamo e che beviamo.
Il sistema capitalista ha portato ad un radicale passaggio di metodi di produzione del cibo e delle bevande.
I dictat della ragione di impresa, al pari passo con le normative sugli standard igienici, hanno portato progressivamente ad una fortissima sofisticazione dell’intera linea produttiva alimentare, che, a ragion veduta, pensiamo abbiano contribuito alla diffusione di prodotti nocivi alla salute.

A. Aziende Vitivinicole

Il lavoro in vigna

1. agricoltura biologica o biodinamica anche autocertificata
2. vendemmia manuale
3. Il rispetto della forza lavoro a propria disposizione attraverso la contrattualizzazione delle figure professionali nel rispetto delle normative di legge di settore
Il lavoro in cantina

1. utilizzo prevalente di uve proprie, l’eventuale acquisto di uve che provengono da vigneti biologici o biodinamici dello stesso territorio.
2. fermentazioni con lieviti indigeni, escludendo l’utilizzo di lieviti selezionati, attivanti e batteri.
3. esclusione di pratiche invasive nel processo di vinificazione quali ad esempio microfiltrazione tangenziale e criomacerazione.
4. nessun ricorso a coadiuvanti enologici salvo basse dosi di solfiti.

B. Ristoranti

1. utilizzo nel processo di trasformazione di prodotti prevalentemente a Km0, provenienti da colture biologiche o biodinamiche anche se autocertificate.
2. laddove l’offerta culinaria non permetta o consenta la scelta della filiera corta, la garanzia di una selezione di prodotti di alta qualità, non provenienti da allevamenti intensivi di dubbia rintracciabilità all’origine o di pesca con metodi invasivi e distruttivi dell’ecosistema marittimo.
3. Il rispetto della forza lavoro a propria disposizione attraverso la contrattualizzazione delle figure professionali nel rispetto delle normative di legge di settore
4. offerta all’interno delle proprie strutture, di vini naturali e bevande artigianali.

MANIFESTO

F[a]M[e] & S[e]T[e]
Fun Meeting & Soul Tasting

Siamo perfettamente consapevoli che al giorno d'oggi il concetto di naturale voglia dire tutto e niente. Naturale è un aggettivo non scindibile da culturale, molto vicino ad autentico ed essenziale, innovativo ma anche tradizionale. Naturale senza dubbio, però è espressione della coltivazione di un prodotto frutto del rispetto della terra, senza ricorrere all’uso di prodotti chimici.
Naturale è la scelta di prediligere nella poiesi del vino la fermentazione con lieviti autoctoni, perché consentono l'espressione di un prodotto unico ed inimitabile, in grado di far emergere attraverso il gusto, l'immagine e la gestalt di un territorio. Quello che i francesi chiamano terroir, termine intraducibile che cerca di riassumere, geografia, geologia, clima e cultura sociale. Naturale, quindi, più che un aggettivo è un’azione, una scelta coraggiosa, una presa di posizione carica di responsabilità e densa di aspettative.
Per dirla con le parole di uno dei più grandi teorici del '900, W. Benjamin, nell'era della riproducibilità tecnica delle cose, il vino al naturale inverte la rotta e distribuisce in serie prodotti unici, mutevoli e cangianti come la soggettività. Dalla cantina non escono cloni, ma pezzi unici che si differenziano non solo all'atto di essere creati ma che mutano a partire dal modo in cui sono conservati e consumati. Stappare una bottiglia di vino naturale non è trovare una certezza ma l'unicità, l'onestà, la potenza del Bios.
[F]a[M]e & [S]e[T]e, è non solo un evento tecnico per addetti al settore ma anche un’esperienza formativa per molti appassionati e curiosi. Non vorrà essere un evento ingessato nella critica culinaria e nella degustazione enologica ma soprattutto un evento divertente [Fun Meeting] che sappia evocare il senso del gusto attraverso la piacevolezza dello stare insieme, condizione capace di innescarsi solo attraverso un immaginario condiviso.
Un evento, un'esperienza divulgativa sull'immenso sapere e la tecnica che soggiace ad un vino e ad un piatto fatto con amore. Il vino, per noi, rappresenta una lente focale su molti aspetti culturali della vita di oggi. Coltivare e vinificare in maniera naturale, prima di essere un investimento economico di nicchia, è una scelta coraggiosa e molto rilevante dal punto di vista etico e sociale.
Il vino è la merce per eccellenza, e ne comprende, in sé e per sé, il concetto moderno del termine, ovvero, qualcosa di non strettamente indispensabile ma assolutamente vitale per il nutrimento del gusto e delle nostre emozioni. E' una merce antichissima ed è per questo che fin da subito esce dal semplice microcircuito dell’autoproduzione finalizzata al consumo familiare, per divenire una merce simbolo con la quale firmare trattati politici, dare potere evocativo ai rituali religiosi e pagani.
Oggi, Cibo e Vino possono rappresentare con una potenza estrema, perchè estremamente concreta, il simbolo di un'inversione di marcia di questa società. Noi siamo ciò che mangiamo (attraverso la FaMe) e ciò che beviamo (attraverso la SeTe).
Puntare alla sua diffusione nella forma che proponiamo, vuole rappresentare quell’argine, che possiamo come umanità, porre all'economia che vuole sofisticare e alienare le nostre vite, primariamente attraverso ciò che mangiamo e beviamo.
Per questo vorremmo riuscire a mettere a valore questa esperienza tenendo sullo stesso piano, Vino, Cibo, Musica ed Eventi Culturali. Qualcosa che sia capace di esplorare il senso del gusto in tutta la sua potenza e valenza storico-sociale.
Il gusto è la capacità neurocognitiva più importante per l'uomo, non solo nella sua vita privata ma nella sua storia come specie. Questo senso ci ha permesso di sopravvivere selezionando i cibi prima commestibili e poi graditi che sarebbero andati a comporre la nostra dieta di Homo Sapiens. Il gusto, dunque, come motore della nostra vita evolutiva di specie.
Proprio oggi, dove concreto si fa il rischio della nostra sopravvivenza su questo pianeta, dobbiamo riscoprire il senso del gusto nella sua semplicità e complessità, per salvare la Terra e chi la abita, senza ordine di importanza.
[F]a[M]e & [S]e[T]e, è dunque il tentativo funambolico di recuperare l'istinto per le cose buone, attraverso la consapevolezza e l'autenticità delle conoscenze, chiedendo aiuto, non solo ad i tecnici ma anche a coloro che hanno piacere di Bere & Mangiare, Bene & Sano, ascoltando buona musica e aprendo la mente all'espressione artistica nelle sue diverse forme.
Il gusto non cade esclusivamente sotto l'egida dell'olfatto e delle papille gustative, ma è un'esperienza che coinvolge tutto il corpo e si compone nella mente attraverso le nostre conoscenze culturali e il nostro stato d’animo, all'atto di assaggiare e degustare. Conoscenze, quelle delle arti e della musica che, di primo acchito, potrebbero sembrare periferiche ed esporci al rischio di andare fuori tema, ma che invece, per esperienza vissuta e diretta, vi assicuriamo che possono servirci per allertare i sensi, al fine di costruire un'esperienza complessa e piacevole all'interno di un contesto.
Solo dando soddisfazione in generale al nostro senso del piacere le cose possono apparirci belle e risultarci buone.
Quando prendiamo in mano un bicchiere di vino o un assaggio di cucina, lo giudichiamo all'interno di queste coordinate e non sarà mai possibile creare un'esperienza degustativa sottovuoto, asettica ed oggettiva.
Per questo che abbiamo deciso di immergerci con tutto il nostro Corpo e la nostra Mente all'interno di [F]a[M]e & [S]e[T]e a cui vi chiediamo di partecipare, con passione e convinzione

#NATURAL_WOR[L]D


Il mondo del vino naturale sta attraversando un momento particolarmente delicato. La questione cruciale ruota essenzialmente intorno al nome stesso:

Il mondo dell’enologia abbonda di detrattori del vino denominato naturale, facendo appello alla sofistica etimologica che rivendica la parola naturale come qualcosa che non prevede in nessun modo l’intervento umano. Trita e ritrita e priva di senso logico a nostro avviso, l’affermazione per cui la naturale fermentazione dell’uva non sia il vino, bensì l’aceto. Il suono che accompagna la lettura di questa obiezione al concetto di vino naturale, assomiglia molto alle unghie che si attaccano allo specchio.

Senza scomodare grosse citazioni filosofiche, ci limitiamo a dire che naturale non ha nulla a che fare con una sfera che esclude in toto la presenza e l’azione dell’essere umano. A sostegno di ciò, potremmo mettere in campo il paradosso per cui si afferma, che non sono naturali tutti quegli animali che sono frutto della pressione selettiva umana, operata al fine della domesticazione. Qualcuno si sentirebbe forse di sostenere che gli animali della vecchia fattoria non siano enti naturali perché frutto dell’intervento selettivo dell’uomo? Sostenere un’affermazione del genere, farebbe piangere l’intelligenza umana, più che milioni di bambini nel mondo che identificano la natura proprio nell’immagine della vecchia fattoria.

Come tutte le correnti che sotto la spinta economica diventano tendenza, il movimento del vino naturale sta cercando di sviluppare gli anticorpi accogliendo le critiche costruttive e ragionevoli, non quelle strumentali e tendenziose. Ad esempio crediamo abbia senso problematizzare:

a. l’esplosione di vini (PetNat, macerazioni carboniche e vini da sete su tutti) che molto spesso vanno a stravolgere la tradizione delle tecniche di vinificazione e dunque l’espressione del terroir di competenza della propria azienda

b. la tendenza a fare vino acquistando uve non certificate e di dubbia provenienza che crescono lontane da dove vengono poi vinificate c. La nascita di cantine che non coltivano vigneti vinificando esclusivamente uve acquistate.

d. l’improvvisazione del vignaiolo che approfitta della vendibilità del prodotto per distribuire vini con difetti evidenti che di certo non sono in se espressione di naturalità quanto piuttosto di assenza tecnica e tradizione artigianale, povertà di conoscenza e saper fare.

Proprio questa capacità critica interna al movimento, ci fa pensare che forse stiamo assistendo non al soffio passeggero di una moda ma ad una corrente che sarà in grado di rivoluzionare ulteriormente la viticoltura e l’agricoltura in generale.

Una sfida da titani consapevoli che il cambiamento può nascere solo dall’autocritica e non dall’egocentrica autoesaltazione. Rivendicare un concetto primigenio che vada oltre le mode giornalistiche e le tendenze economiche, attraverso la serietà custodita nella conoscenza che si accumula in anni e non sull’improvvisazione.

Senza avere l’arroganza di voler risolvere in poche righe queste importanti questioni, crediamo sia doveroso, nell’ottica dell’evento che stiamo concependo, dire la nostra.

Seppur il termine “naturale” porti con sé determinate problematiche, noi vogliamo continuare ad usarlo. Questo perché il vino naturale esiste. Anche se a molti non piace il termine “naturale” accostato alla parola “vino”, ma solo chi e’ in cattiva fede può negarne l’esistenza. Chiamatelo pure come volete (vino vivo, vino vero, vino nudo…) ma il concetto di fondo rimane ed è forte di un insieme di pratiche che non danno adito a scappatoie o strampalate elucubrazioni mentali.

Il vino naturale e’ quel vino che viene realizzato a partire da uve biologiche o biodinamiche, mediante fermentazione spontanea, senza aggiunta di sostanze ammesse per uso enologico, fatta eventualmente eccezione per piccole quantita’ di solforosa, vietando anche il ricorso a processi fisici invasivi.

#ANTIFAKE_WINE


E’ indubbio che il movimento dei vignaioli naturali e con esso il concetto stesso di vino naturale, con tutto ciò che gli ruota intorno, si sia , nel tempo, per molti versi corrotto. Stiamo assistendo a situazioni, riconducibili al “fattore moda”, che rischiano di minarne le fondamenta.

Sono purtroppo tanti i produttori che abbracciano la causa del vino naturale per motivi sbagliati, primariamente antecedendo le ragioni economiche a quelle etiche. Le conseguenze di questo imperdonabile errore sono primariamente due:

a. La presenza all’interno del movimento del vino naturale di prodotti fake, falsi, non veri, nel senso etimologico del termine, basati sull’inganno del consumatore (carta di trasparenza dell’evento [F]a[M]e & [S]e][T]e), dove sulla carta si propone un vino naturale che invece non è tale, né nella gestione agricola della vigna, né nelle tecniche e metodologie di vinificazione.

b. La presenza all’interno del movimento di prodotti difettosi, semplicemente fatti male, a volte al limite del potabile, figli di un errore ascrivibile più che alla sfera del non-naturale a quella dell’attuale, neo-contemporaneo, ovvero, il non saper attendere, non avere pazienza, aver fretta, l’ansia di raggiungere l’obiettivo. Per dirla terra-terra: frutto della filosofia del tutto e subito.

Dal lato dei consumatori, invece, si tende troppo spesso a porre l’attenzione su concetti secondari e fuorvianti, tralasciando le questioni più rilevanti e significative:

Bisogna capire prima cosa c’e’ dietro al lavoro di un vignaiolo e solo dopo, molto dopo, preoccuparsi di quanti milligrammi di solforosa ci siano in un vino.

Detto questo, [F]a[M]e & [S]e[T]e, vuole porsi sulla scena del vino naturale come soggetto che sostiene, aiuta, mette in mostra e connette per espandere, il lavoro serio svolto negli anni da tanti vignaioli e associazioni di settore, operatori, distributori e ristoratori. [F]a[M]e & [S]e[T]e, inoltre, vuole dare voce ad un fenomeno altrettanto innegabile e tra i più importanti per la crescita del movimento del vino naturale:

• l’innegabile maturazione delle competenze del fruitore del vino e del cibo come prodotto finale.
Proprio per questa crescente consapevolezza/competenza, possiamo non parlare più di consumatore ma di fruitore, perché la crescita della consapevolezza all’interno del gioco economico, del know-how culturale e tecnico sul tasting del prodotto finale, emancipa il consumatore da una condizione di passività e sfruttamento, per erigersi, invece, a presidio di garanzia della qualità.

• [F]a[M]e&[S]e[T]e si schiera apertamente dalla parte del Vignaiolo Serio, del Ristoratore Coraggioso, dello Chef illuminato e del Fruitore Consapevole, motori di una dialettica che potrà essere fonte di un vero cambiamento in questa società.

E’ dunque cruciale, secondo noi, ricondurre il discorso a ciò che di positivo e’ stato fatto e soprattutto all’essenza del vino naturale e di chi lo produce, cercando di riportare l’attenzione verso questioni etiche, politiche e sociali. Unico vaccino efficace alla deriva attuale.

#NATURAL_VS_CONVENTIONAL


La comunicazione di molti soggetti appartenenti al mondo del naturale, siano essi produttori, operatori del settore, giornalisti o semplici appassionati, continua ad essere fortemente incentrata sulla diatriba “naturale vs convenzionale”. Posto il fatto che il movimento nasce anche e soprattutto in alternativa all’agricoltura chimica e all’industrializzazione vitivinicola, che sfortunatamente interessa, in larga parte, anche le piccole aziende, crediamo sia opportuno andare oltre a questa diadica.
E’ giusto dare ai disciplinari di produzione l’importanza che meritano, ma incentrare spasmodicamente l’attenzione su cio’ che il vignaiolo naturale non fa (non usa trattamenti chimici in vigna, non ricorre a prodotti enologici in cantina, non filtra, non usa solforosa ecc…) puo’ risultare, alla lunga, controproducente, agendo come oscurante della parte costruens e mettendo in secondo piano cosa egli invece fa.
Forse proprio nel movimento del vino naturale possiamo renderci conto che è finita definitivamente l’epoca dei movimenti sociali che si costruiscono in opposizione e contro una convenzione o un potere costituito. La storia ci sta ponendo di fronte ad un treno che non possiamo permetterci il lusso di perdere!
Dobbiamo avere la forza di costruire un movimento economico-sociale-culturale basato non sull’opposizione ma sulla proposta, non sulla negazione ma sulla rivendicazione di identità definito dalla scelta. Disciplinari che mettano in evidenza non cosa il vignaiolo non fa, elementi fin troppo scontati arrivati a questo punto, ma ciò che invece fa, agisce e rivendica.
Con “fame e sete” vorremmo quindi focalizzare l’attenzione non solo sui vini ma soprattutto sui vignaioli, cercando di comunicare cosa c’e’ dietro al loro lavoro.

#KEEP_CALM_AND_GROW_NATURAL


- Il vignaiolo naturale è innanzitutto un custode della terra. Sa che è di passaggio e fa di tutto per mantenere inalterata la salubrità e la fertilità del suolo per chi verrà dopo di lui. Proprio il suolo assume per lui un ruolo centrale, molto più’ del frutto, in quanto dalla vitalità del primo dipende inesorabilmente la qualità del secondo.


- Il vignaiolo naturale coltiva direttamente le proprie vigne e conosce profondamente le peculiarità della propria azienda. Il concetto di terroir diventa cruciale in quanto inscindibile da quello di identità aziendale. La zona vitivinicola di riferimento e le denominazioni di origine perdono importanza, cedendo il passo all’organismo/ azienda, unico ed irripetibile altrove. Proprio per non venire meno a questa identità, il vignaiolo naturale cerca di vinificare esclusivamente le proprie uve.


- il vignaiolo naturale ha ben chiari due concetti:
• rischio
• attesa


E’ il solo artefice delle proprie scelte e sa che non prendendo scorciatoie, in vigna e in cantina, si espone a rischi, ma lo fa senza rimpianti, in quanto vede, nel suo modo di lavorare, l’unico possibile. Egli sa attendere pazientemente, perché comprende che il frutto del suo lavoro, per raggiungere il massimo della qualità, ha bisogno di tempi fisiologici che non vanno mai stravolti per mere ragioni economiche.

- il vignaiolo naturale vinifica personalmente le proprie uve. Non ricorre a tecnici extra aziendali e non delega ad altri il proprio ruolo. I vini che produce sono figli delle sue idee, non di quelle di altri, nel rispetto di quel filo ideale che lega inesorabilmente il prodotto di partenza, l’uva, a quello finale, il vino.

- la mano del vinificatore naturale e’ guidata da tecnica e sensibilità. Il suo lavoro e’ estremamente complesso, non ammettendo scorciatoie enologiche e rimedi chimico-fisici che altererebbero irrimediabilmente la natura dei suoi prodotti. Avendo a che fare con vini vivi, lavora sul filo di un equilibrio microbiologico che deve poggiare su un forte bagaglio di conoscenze tecniche. Allo stesso tempo, essendo conscio del fatto che spesso i libri non hanno le risposte che si cercano, per lo più si fa guidare dalla sensibilità, sapendo che può sbagliare ma accettando di buon grado l’errore, purché esso abbia lo scopo di aumentare le proprie capacita’ e conoscenze.

- il vignaiolo naturale rispetta la forza lavoro a propria disposizione attraverso la contrattualizzazione delle figure professionali nel rispetto delle normative di settore

#IT'S_NATURAL_WINE


Il frutto del lavoro del vignaiolo naturale, artigiano sapiente e custode della terra è rappresentato da vini con determinate caratteristiche:

- eticità, poiché figlio di scelte agricole volte a non sfruttare la natura e il lavoro dell’uomo
- autenticità, per l’assenza di artifici enologici
- salubrità, essendo libero da prodotti di sintesi
- identità, perché immagine unica e inimitabile dell’organismo/azienda
- complessità, per la grande cura riposta nella lavorazione del terreno, nella produzione delle uve e nella loro vinificazione
- digeribilità, in quanto prodotto nell’ottica di un alimento che accompagni il cibo
- artigianalità, perché prodotto della manualità e della cultura di chi lo produce

#IT’S_ARTISAN_FOOD


La sofisticazione degli alimenti ci ha fatto perdere il contatto, non solo con la tradizione delle nostre terre di origine, ma negli anni ci ha occultato anche il ricordo dei sapori che sono alla base dell’educazione al gusto.
Ci ha avvelenati edificando lo sfruttamento specista dell’uomo sugli altri animali, depauperando progressivamente le risorse della nostra terra.
Nella produzione e diffusione di massa di prodotti a base di carne, si compie la tortura di animali che hanno accompagnato da millenni la storia della nostra specie, attraverso la domesticazione. La coltura intensiva e l’allevamento zootecnico degli animali, per mezzo dell’imperativo della ragione economica hanno prodotto l’avvelenamento delle terre, delle falde acquifere, dei Mari del pianeta Terra.

Alcuni dati sugli allevamenti intensivi:
- Alcuni studi hanno calcolato la superficie totale dei terreni agricoli usati per l’allevamento (pascolo e coltivazioni destinate al mangime). Si parla di 2,5 miliardi di ettari, ovvero circa la metà di tutta la superficie agricola del mondo.
- L’impatto sul suolo è devastante: secondo la Fao il 26% delle terre emerse è destinato agli allevamenti, ai campi per produrre mangimi e agli impianti di trasformazione e confezionamento.
- La distruzione degli habitat per ricavare pascoli o campi coltivati per il mangime sono tra le principali cause della riduzione della fauna originaria.
- Il ricorso massiccio agli antibiotici ha provocato una progressiva resistenza dei capi ai farmaci. Più vengono usati, più gli agenti patogeni si evolvono per resistergli, più diventa difficile per i ricercatori crearne di efficaci.
- L’impatto sulle emissioni di CO2 è drammatico: la principale causa è la produzione di gas serra generata dalle attività umane, su cui la produzione di carne, latte e uova incide pesantemente. La FAO ha infatti stimato che il 18% delle emissioni è costituito dai gas derivanti dagli allevamenti intensivi, superando persino il settore dei trasporti (13,5%).[essereanimali.org]


Il Modello fallimentare dell’agricoltura intensiva:
Il suolo coltivato, quello che ci permette di avere quotidianamente pasta, riso, pane, verdure, è profondo solo pochi decimetri, e affinché si formino 2,5 centimetri di suolo nuovo, la natura impiega non meno di 500 anni. Quello che definiamo strato attivo è dunque un tesoro prezioso e raro. Quasi un terzo delle terre coltivabili del nostro pianeta è scomparso negli ultimi 40 anni, a causa di pratiche agricole intensive: ci vorranno secoli perché tornino produttive. E la situazione non può che peggiorare se non si prendono provvedimenti.
Il sistema di agricoltura intensiva si è dunque rivelato, a lungo termine, insostenibile, in particolare per l'uso massiccio dei fertilizzanti, che degradano il suolo anziché arricchirlo. [focus.it]

Un aiuto concreto ai piccoli produttori:
Pur producendo la maggior parte del cibo di tutto il mondo, i piccoli agricoltori tendono a essere colpiti in prima persona dall’insicurezza alimentare: a livello globale, infatti, rappresentano la maggioranza delle persone che vivono in povertà.
Allo scopo di creare sistemi che garantiscano una produzione di cibo sostenibile ed una maggiore sicurezza alimentare è fondamentale aiutare a incrementare il reddito dei piccoli agricoltori e allevatori, che continuano a fare i conti con degli ostacoli difficili da superare, avendo difficoltà ad accedere a strumenti di produzione e a finanziamenti.
La Politica Agricola Comune dovrebbe assicurare sussidi agli agricoltori che sono più attenti all’ambiente, che si impegnano quotidianamente per tutelare gli habitat naturali, dimore di biodiversità, mantenere l’acqua e l’aria pulita e preservare il paesaggio. La maggior parte del budget assegnato alla Pac invece finanzia pratiche che danneggiano l’ambiente e il resto dei fondi è utilizzato per cercare di riparare i danni causati.
Sta a tutti noi, dunque, essere gli artefici di un cambiamento sostenibile: leggere le etichette, visitare gli allevatori e gli agricoltori locali per scoprire come lavorano, chiedere al proprio macellaio carne allevata nel rispetto degli animali, scegliere canali d’acquisto alternativi come i gruppi solidali o affidarsi a consorzi che adottano disciplinari rigorosi sono tutti modi per diventare protagonisti di questa trasformazione.
A tale fine, con Fame e Sete ci poniamo in primis proprio questo obiettivo: connettere i piccoli produttori locali ai consumatori finali, in quella logica di filiera corta e solidale che dovrebbe essere, per tutti, prioritaria.

#WINE_&_FOOD


[F]a[M]e & [S]e[T]e vuole unire i concetti di “vino naturale” e “cibo artigianale” in maniera intrinseca, perché secondo noi, uno non dovrebbe mai escludere l’altro.

La scelta di molti ristoratori o negozianti di proporre cibi sani, non sofisticati abbinandoli poi a vini di stampo industriale, prodotti da agricoltura chimica e adulterati nella fase di trasformazione (e viceversa), e’ quantomeno paradossale.

L’attenzione verso il buono, il sano e il g(i)usto, (riverbero greco classico del motto kalòs kai agathòs) non può e non deve più essere unilaterale. Il problema della mancanza di un’etichetta trasparente nel vino gioca sicuramente un ruolo nella questione, ma gli operatori del settore dovrebbero avere le capacita per riconoscere a priori un prodotto verace da uno sofisticato.

Se ciò non avviene, probabilmente bisogna iniziare a porci qualche domanda e a fare, da consumatori, qualche scelta radicale.

In quest’ottica, per l’evento, abbiamo deciso di affidare la parte “cibo” esclusivamente a ristoranti che lavorano, avendo bene in mente questa unione tra cucina e cantina.

Cosa significa non fare una scelta uniforme e coerente in ambito vitivinicolo-enologico e gastronomico?

Probabilmente può essere il sintomo di una scelta produttiva ed economica piuttosto che etica, di qualcosa dettato dalla moda del momento, piuttosto che da una scelta etica di cui il mondo di oggi ha urgente bisogno. E’ finita l’epoca del relativismo postmodernista, naturale compimento del motto punk “no future”. Ci auguriamo inizi l’epoca post-punk del “a future is possible”.

#NO_PROVINCIA_NO_[P]art[Y]SAN


L'associazione [F]a[M]e & [S]e[T]e, nata e costituita nel corrente anno gregoriano 2020, Sistema Solare, corpo celeste denominato Pianeta Terra, città di Foligno, è composta da membri fondatori e associati appartenenti ad una fascia generazionale che ha sancito a tutti gli effetti un passaggio socio-culturale molto importante per la città. Raccogliendo un’eredità di chi anagraficamente ci ha preceduto, la nostra soggettività si edifica tra la metà degli anni 80’ e la fine degli 90’, coagula in una fascia generazionale che esprime il suo talento migliore nella capacità di rompere gli argini culturali di una città che per vocazione ed identità è rimasta per secoli chiusa alle contaminazioni. Foligno, città conosciuta in Italia per essere “lu centro de lu munnu”, (slogan identificativo tra i più virali mai circolato in epoca pre-social), ha purtroppo utilizzato il concetto di centralità, per rimanere pigramente e letargicamente legata al proprio provincialismo cinico e senza ambizioni piuttosto che come centro gravitazionale su cui edificare aperture.
Il clima sociale asfittico respirato dalla città negli ultimi 40 anni ha determinato una vera e propria diaspora delle personalità curiose e in cerca di nuovi stimoli. La famosa fuga di cervelli all’estero di cui si parla tanto, in realtà si compie secondo un sistema a scatole cinesi anche all’interno del territorio nazionale stesso, secondo la direttrice, provincia-capoluogo-metropoli.
Alla luce del cabalistico anno 20-20, possiamo con piacere constatare che il nostro benamato paese assiste ad una dinamica diffusa di fenomeno emigratorio di ritorno.
Molte infatti sono le persone che dopo lunghe esperienze di vita nelle metropoli italiane, europee ed internazionali fanno ritorno sul proprio territorio (umbro, nel caso descritto da FaMe & SeTe) per ritrovare, non solo la quiete della vita cittadina di provincia e l’oggettivo contenimento delle spese di vita, ma al tempo stesso, stimoli intellettuali, culturali, sociali, difficili da sviluppare e far crescere liberamente nei centri più importanti dell’economia europea. Questa inversione di tendenza si edifica su due fattori:

a. Il riscaldamento globale ed eccesso demografico: il mondo sta attraversando e prendendo coscienza dell’imminente crisi catalitica dell’ecosistema del pianeta Terra, causato dall’inquinamento e dal sovraffollamento. Purtroppo si tratta di un passaggio epocale che va molto oltre la temperatura climatica e lo scioglimento dei ghiacciai che potrebbe semplicemente cambiare la configurazione geografica e geologica del pianeta , quanto piuttosto mettere in crisi la basilare necessità di approvvigionamento di acqua potabile e terreni fertili non nocivi, per la coltivazione dei generi alimentari di base, necessari per il sostentamento della specie. I ghiacci che si sciolgono simbolicamente portano alla luce la putrefazione della carne del nostro corpo sociali e dai miasmi di esso esalano pericolosi virus che gettano le persone nel panico, facendo oscillare la falce fienaria del destino tra l’allarmismo paranoide e il cinismo del vinca il più forte, frutto entrambi della sfiducia degli umani nei confronti del corpo sociale. Chi ne giova? II controllo e la sottomissione della specie umana alla propria follia produttiva economica che non può che sostenersi con il moto perpetuo di un pendolo che specularmente oscilla tra il controllo sociale) e il dilagare del subconscio moralista della cittadinanza.
b. La necessità di vivere rapporti umani sani, basati sulla semplicità, la fiducia, l’onestà. Valori che sono presenti ovunque in ogni angolo più recondito e visibile del pianeta ma che con maggior frequenza possiamo rintracciare nel tessuto sociale provinciale, nei piccoli centri urbani e rurali, espressione di una sistemica sociale memore dei valori di un mondo prevalentemente contadino e semplice, di cui era composta l’economia regionale fino a qualche decade fa.

Il logico sviluppo di questi punti, ci porta a fare due considerazioni:

a. Nella maggior parte delle provincie dislocate sul nostro paese, appena fuori dalle metropoli ( Milano e Roma comprese) è possibile costruire una filiera virtuosa di comportamenti e pratiche di coltivazione della materia prima alimentare. In Umbria ad esempio si fa concreta la possibilità di edificare una virtuosa politica agronomica basata sul rispetto della natura e il rifiuto delle pratiche convenzionali di coltivazione che insistono, come un moscone che continua fastidiosamente a sbattere sul vetro, sull’uso massiccio dei pesticidi, delle monocolture e della diffusione degli allevamenti intesivi degli animali di tradizione zootecnica.
b. La realizzabilità concreta, di un costituente progetto alternativo di percorribilità produttiva dei generi alimentari di base è sostenuta dalle dimensione dei centri urbani su cui si articola la densità demografica regionale. A grande sostegno inoltre abbiamo la sapienza artigianale, radicata nella tradizione dell’operosità contadina diffusa capillarmente in ambito sociale.

L’insieme di questi due fattori culturali, demografici, geografici, urbanistici, rappresenta sicuramente una sistemica sociale vincente. Senza ombra di dubbio, la situazione descritta si candida ad essere la prassi politica-sociale più concreta per combattere l’imminente catastrofe mondiale. L’uso di un termine cosi forte come catastrofe non vuole essere funzionale all’ allarmismo disfattista padre della paura di massa, quanto piuttosto alla presa in carico dello scenario politico planetario prossimo futuro. Un campionato dove non si giocherà più in casa, all’interno della zona confort del codificato piano politico, in continuità con le vecchie ideologie, piuttosto si svolgerà sempre fuori casa, sul piano della discontinuità con le prassi convenzionali di lotta e ci troverà spaesati dentro la vastità delle macrocategorie della demografia e dell’ecologia.
Con la fiera del 3 Maggio 2020 28 Marzo 2021 vorremmo riuscire a costruire l’immaginario comune della realizzabilità, la messa in scena della percorribilità di un’alternativa concreta, non come evasione ed isolamento autarchico di una comunità molto ristretta ma come un possibile progetto di vita, allo stesso tempo etico ed imprenditoriale e per questo riproducibile su larga scala. Questa duplice natura del fenomeno come poche volte nella storia capace di coniugare categorie spesso inconciliabili come sovversivo e realizzabile, trova il suo scenario dentro i progetti imprenditoriali sostenibili e integrati all’ambiente. Rispettosi dei principi etici a largo spettro e proprio per questo capace di calamitare su di sé un fortissimo appeal e fascino come scelta di vita alternativa percorribile per molte persone insofferenti alla routine quotidiana:

a. schiava del lavoro all’interno del folle sistema urbanistico metropolitano
b. alienata nei rapporti sociali mediati dal denaro
c. mercificata nel tornaconto delle relazioni.

Fame & Sete si candida, dunque, ad essere il cerimoniale ufficiale di investitura della provincia come nuova periferia conflittuale.
Se fino ad oggi la periferia delle metropoli ha rappresentato l’ambiente e l’habitat dentro il quale non solo sono nati i movimenti più radicali di contestazione al sistema ma anche le subculture giovanili diventate sempre di più fenomeno di massa, in grado di far nascere tendenze culturali e artistiche di impatto devastante a livello planetario come il punk, l’hip hop, il rap, la trap, i graffiti, la street art. Questo spazio a partire da una diversa configurazione estetico-culturale potrà essere occupato, in futuro, anche dalla provincia, che non è se non, la periferia a margine dei distretti di produzione industriale.
Come la periferia delle grandi metropoli è stata il motore di tanti cambiamenti sociali e politici, oggi la provincia può compiere concretamente lo stesso passaggio, portandolo però, ad un ulteriore grado di maturazione, gli obiettivi del cambiamento.
La provincia con le sue filiere di produzione-consumo, etiche-ecosostenibili-virtuose, può rappresentare, non tanto una condizione classica di contestazione occupata storicamente dai movimenti ma l’espressione concreta di un’alternativa positiva e praticabile.
Per compiere questo passaggio di consapevolezza, una città di provincia come Foligno avrà bisogno di prendere in considerazione non solo quei messaggeri che nella diaspora hanno appreso il linguaggio della metropoli, delle avanguardie culturali ed artistiche degli ultimi anni ma questa dovrà essere in grado di dialogare con coloro che hanno fatto la scommessa di rimanere fedeli alla permanenza sulla propria terra, facendosi carico degli oggettivi limiti di prospettiva culturale ed economica, in favore di una soddisfazione di vita capace di generarsi nel dialogo tra la conoscenza capillare del territorio e l’ affidabilità e sincerità delle relazioni. Molti sono quelli che hanno fatto ritorno nella provincia carichi di queste aspettative e si sono reinventati contadini, artigiani, vignaioli a tutti gli effetti, ed oggi sono artigiani capaci nella filiera alimentare. Molti, dunque, sono i soggetti di ritorno ma soprattutto tanti sono quelli rimasti che hanno avuto coraggio, perseveranza e ottimismo nei confronti della propria terra non cedendo alle sirene della metropoli. Questi oggi attraverso i fenomeni descritti, meglio ancora attraverso i progetti realizzati che stanno provando a farsi voce narrante di ciò che sta accadendo.

ATTRAZIONI


ATTRAZIONI che vorremmo divenissero fatali e che assumessero il carattere della tendenza coerente con gli obiettivi espressi. Di certo vi stiamo invitando tutti per partecipare alla fiera del 3 maggio ma vorremmo che questo momento rappresentasse solamente l’atto conclusivo di un vostro soggiorno a Foligno come espressione concreta di complicità con il nostro desiderio di cambiamento.
ATTRAZIONI che vorremmo fossero fatali proprio per la loro anomalia stilistica.

L’Umbria, infatti, trova storicamente i suoi temi di promozione economica vincenti nei classici settori:
a. enograstronomico che non smetteremo mai di supportare e far crescere nella sua qualità e quantità.
b. storico-artistico, dei centri storici di tante città e paesi come Perugia, Spello, Spoleto, Foligno, Assisi, Bevagna, Montefalco ecc..

Per questo siamo perfettamente consapevoli che le scelte di promozione che abbiamo fatto all’interno di questa sezione del sito, sono parziali ed anomale rispetto alle tante bellezze storiche- artistiche-culturali da scoprire all’interno della città di Foligno. Mai scelta è stata più consapevole. Abbiamo voluto mostrare quello che non ti aspetti, quella traccia di assoluta contemporaneità che ha trovato ospitalità nel tessuto urbano di Foligno. Elementi che non sono stati meteore di passaggio ma che hanno segnato, con la loro presenza e permanenza un carattere indelebile dell’identità di un’ampia fascia generazionale presente all’interno delle città e della regione Umbria Soggettività che si riconosce in un immaginario comune e in un condiviso sistema di valori protagonista innegabilmente di parte dei progetti imprenditoriali più innovativi e lungimiranti a cui FaMe&SeTe ci tiene a concedere il necessario riconoscimento.


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